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Trekking da non perdere in Toscana, il monte Forato

Il Monte Forato: un arco sospeso tra cielo e roccia

C’è un luogo dove la montagna si è lasciata traforare dal tempo, trasformandosi in un portale attraverso il quale respirare le Alpi Apuane in tutta la loro magica essenza. Quel luogo è il Monte Forato: una vetta doppia unita da un arco naturale, un taglio nella pietra che sembra raccontare storie di vento, acqua e memoria. 

Il Forato non è soltanto una meta escursionistica, è un punto dello spirito: quando lo si attraversa, ci si scopre sospesi tra terra e cielo.


Il cammino: dai boschi al cielo

L’escursione (anello classico) parte da Fornovolasco, frazione di Vergemoli, immersa tra valli antiche e sussurri d’acqua. Si valica subito il ponte sul torrente Turrite: qui il suono dell’acqua diventa compagno di passo, mentre nel bosco inizia la salita. 

Si incontra la “Tana che Urla” — una grotta resa celebre dai rumori dell’acqua sotterranea. Un luogo che pare custodire l’eco di antiche leggende e il respiro silenzioso della montagna. 

Proseguendo, si attraversano resti di mulini e la “Chiesaccia”, antico rifugio per viandanti, testimoni dimenticati del tempo. 

Dopo circa 4 chilometri e un dislivello ben percepibile, si raggiunge la Foce di Petrosciana (961 m circa): qui si apre un bivio che conduce verso il crinale del Forato. 

Si può scegliere il sentiero CAI 110, che percorre il crinale fino all’arco, un tratto di esposizione lieve ma che richiede sicurezza e concentrazione. In alternativa, chi cerca un passo meno arduo può imboccare il CAI 131, che percorre un percorso più basso e sicuro prima di risalire verso l’arco.

Quando finalmente si raggiunge l’arco del Forato, si è come accolti da un portale naturale: una feritoia nel massiccio calcareo, con una campata larga circa 32 metri e un’altezza di 25 metri circa, uno dei più grandi archi naturali d’Italia. Da qui, lo sguardo si apre verso valle, su Versilia e le Apuane — il panorama si dilata oltre il dentro e il fuori. 

La discesa segna il ritorno, chiudendo il cerchio: si torna alla quiete del bosco, all’ombra degli alberi, al passo che ora è leggero, come se il cammino avesse liberato qualcosa dentro di noi.


Dati essenziali

Elevazione: le due cime hanno altitudini simili, circa 1.223 m e 1.204 m. Wikipedia

Arco naturale: campata di ~32 m, altezza ~25 m, spessore roccioso ~8 m. 

Difficoltà: escursione di impegno medio, con tratti esposti; la variante CAI 110 per esperti, sebbene semplice, richiede attenzione e meteo buono.  Esiste variante 131 adiacente tranquilla.

Dislivello stimato: l’itinerario classico conta circa 800–900 metri di salita. 

Tempo: circa 5-7 ore (andata e ritorno, comprese pause) per l’anello completo.


Respirare il Forato: tra mito e visione

Camminando su questi sentieri, il corpo diventa eco del tempo. Le pietre consumate, il vento che penetra crepe invisibili, l’arco sospeso che unisce due vette: tutto parla di pazienza, di erosione lenta, di forze invisibili.

Secondo una leggenda locale, il foro nacque da uno scontro tra il santo Pellegrino e il maligno, quando il demonio colpì la montagna in un impeto, creando l’apertura che oggi vediamo. Un racconto che mescola fede e natura, mito e roccia.

Attraversare il Forato è come attraversare un rito: si lascia il mondo quotidiano fuori dal passo e ci si ricollega con qualcosa di più vasto. È l’attimo in cui il camminatore si ferma, ascolta e guarda: dall’arco, il panorama non è solo visivo, è metaforico — la soglia che separa l’ovvio dal mistero.

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